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A Roma l’iniziativa patrocinata dal manifesto
Riprende il discorso di Riccardo Petrella sulla cosa pubblica in tema di beni comuni. I presenti a una importante discussione romana propongono di tenere alta, da qui ad aprile, la questione a livello della politica e soprattutto dell’opinione pubblica. Ci saranno molte iniziative diffuse
e un manifesto finale Diamoci sette mesi e intanto costituiamo un gruppo per il percorso della “res publica”. E spingiamo i nostri amici….
Guglielmo Ragozzino – Roma

 

Tra la fine di agosto e l’inizio di settembre, il manifesto ha pubblicato, – in contemporanea a Carta – in cinque puntate (27 e 30 agosto; 1, 3 e 5 settembre) un testo di Riccardo Petrella che aveva l’obiettivo di lanciare la proposta di una nuova res publica dei beni comuni. Lo scritto è stato letto e commentato, insomma ha avuto un successo insolito, visto il periodo di uscita assai poco favorevole. Ora l’iniziativa è stata ripresa in una riunione di approfondimento che si è tenuta ieri nella sala della Pace della Provincia di Roma. La proposta è di sviluppare una campagna di 8 mesi per rendere popolare il tema dei beni comuni.
Petrella ha esordito analizzando la protesta molto diffusa di coloro che sentono aboliti i propri diritti in quanto cittadini: Della protesta ha esemplificato quattro aspetti salienti.
In primo luogo la mercificazione della vita. In altre parole il fatto che ogni problema e ogni rapporto umano, ogni aspetto della vita diventa l’oggetto di un bilancio di costi-opportunità.
Il secondo punto in evidenza è la finanziarizzazione delle regole della casa. Queste ultime sono le questioni dell’economia. Petrella ama ripetere che economia deriva dal greco antico oikos, che appunto significa casa, in tutte le sue accezioni. Ora l’economa è stata stravolta dalle leggi della finanza che dominano le merci. Se i rapporti umani erano già compromessi dalla mercificazione, ora questa si è ulteriormente degradata. Sarà sempre una transazione monetaria, non un servizio, non una cosa reale a creare valore.
Il terzo punto consiste nella privatizzazione del politico. L’esempio lampante di questo è che nell’Unione europea, Commissione e Parlamento contano infinitamente meno della Banca centrale che, senza poteri legali, ne ha di formidabili effettivi. Muovendo il tasso d’interesse reale, riscalda o raffredda le economie dei paesi sottoposti. Il 3% di indebitamento massimo, croce e delizia delle nostre politiche, è stabilito dai banchieri e imposto, ai tempi di Maastricht, ai politici, ma non risponde ad alcuna legge o scienza superiore.
Ultimo punto la militarizzazione del mondo. Qui non si tratta solo degli Usa che con le armi puntano al dominio degli altri paesi e continenti, ma è soprattutto il capitalismo che deve conquistare il mondo e per conseguenza espellere gli altri modi di vivere e fare scambi.
In questa situazione pericolosa e che tra l’altro è in movimento, esistono ancora i miei diritti, i diritti di noi cittadini comuni? Occorre organizzare una difesa. L’unica possibile – ripete Petrella – è una reivenzione della res publica, una cosa pubblica adatta al XXI secolo, con alcuni accorgimenti.
Prima di tutto c’è un livello nazionale da mettere in campo, contro la globalizzazione che sembra inevitabile. In Italia, il governo attuale può fare qualcosa; ha fatto perfino delle promesse. Occorre prenderlo sul serio, chiedergli che si esprima, nomini una qualche forma di task force o forse un segretariato capace di occuparsi dei beni comuni. Petrella tocca poi il problema dell’acqua, dal quale ha ricavato questo ritorno alla politica dei beni comuni. All’acqua serve un percorso di res publica forte per riaffermare che si tratta di un bene pubblico. Ci vuole un atto governativo meno impreciso di quello scritto nei programmi e che affida al settore pubblico anche la gestione, ma che viene ogni giorno messo in dubbio dal corso delle cose. E Petrella cita la crescita inarrestabile della società multiutility emiliana Hera, sottolineando che l’H di Hera significa Holding, cioè, con tutta evidenza, finanza.
E Petrella conclude indicando altri punti: il processo in atto di mercificazione dell’educazione, segnalato dalle decisioni relative all’università di Bologna. La possibilità di inserire un tarlo nel sistema della finanza, alludendo, se abbiamo ben capito, a una sorta di Tobin Tax o a uno strumento analogo, discusso ancora a Bari, in sede di Controcernobbio. La necessità di stringere un patto difensivo in tema di usi civici. E infine una presa di posizione capace di dare fiato alle Ong operanti nel settore della cooperazione internazionale.
La discussione ha coinvolto tra gli altri Patrizia Sentinelli, viceministro degli esteri e Stefano Rodotà, pensatore libero.
Per Sentinelli la logica di mercato ha fatto vittime anche a sinistra, fin tra gli economisti della rive gauche. E’ necessario recuperare il significato dei beni comuni; e dopo una fase di politica culturale si passerà meglio a influire sulla politica politica. Un segretariato che si occupi di beni comuni le sembra un’idea apprezzabile e lancia in proposito un invito a Petrella. Sull’acqua dice cose importanti. L’acqua è passata, come bene comune, ma è l’unica vittoria, ed è sempre a rischio, perché quando nel convegno romano sull’acqua si arriva al compromesso di stabilire che l’acqua «non è una merce come le altre» significa che essa rientra nell’ambito delle merci. E’ Prevalsa la posizione del Comune di Roma che nell’acqua ha interessi d’impresa. Inoltre Sentinelli dice una parola forte, oltre che condivisibile, per un viceministro: il forum mondiale dell’acqua è una «fandonia». L’Onu c’entra pochissimo e fanno tutto le multinazionali.
Rodotà, in un intervento molto applaudito, parla di conoscenza, comunicazione, Internet. Indica forme anche nuove di conoscere e comunicare e poi del conflitto che bisogna affrontare e superare se si vuole evitare che la libera conoscenza non si trasformi nel suo contrario. Cita Proudhon quando dichiara «chi dice umanità vuole ingannarvi» e ognuno capice l’allusione. Cita due volte de Tocqueville, a proposito della lotta politica tra chi possiede e gli altri che non hanno niente e poi ancora in tema di scarsità della terra, all’origine della sottrazione dei beni comunali ai commons. Poi parla del patrimonio pubblico, quello insidiato dalla Patrimonio spa e ricorda che 9 volte su 10 esso è dei comuni e non dello stato che dice di volerlo vendere per ridurre il debito. E infine del bene comune rappresentato dalle teche Rai. C’è il pericolo che la Rai lo venda e lo privatizzi, come ha fatto con il materiale sulla Juventus. «Quello è materiale di serie B», nota qualcuno dal palco.