Manifesto delle donne del Molin
31 Maggio 2007
“L’azione su se stessi, l’azione sugli altri, consiste nel trasformare i significati”
Simone Weil, Quaderni, IV
Da un anno camminiamo insieme e in questo percorso comune siamo cambiate.
Si è modificata la scansione del tempo quotidiano, siamo uscite dalle case e dai luoghi di lavoro e abbiamo cominciato a mobilitarci per difendere il nostro territorio, minacciato dal progetto di costruzione di un’altra base di guerra.
La nuova base militare americana devasterebbe un ambiente ora verde, sconvolgerebbe la fisionomia del paesaggio e il nostro stesso futuro.
Le nostre storie sono diverse, così come le nostre età: siamo lavoratrici e casalinghe, studentesse e insegnanti, precarie e pensionate. Ci muoviamo in contesti molto diversi: fra noi ci sono attrici, impiegate, animatrici, artiste, operaie, donne che vengono da lunga militanza politica e donne nuove a questo tipo di esperienza.
Al nostro interno si incrociano le generazioni, perché ci sono madri, figlie, nonne; ci sono italiane e donne straniere, e vicentine e donne che provengono da altre regioni, portatrici di differenti modelli culturali.
Tutte queste differenze costituiscono la nostra ricchezza.
Infatti all’interno delle differenze, durante il nostro percorso abbiamo scoperto una specificità: la nostra determinazione a resistere si alimenta di una forza che alcune di noi conoscono bene, che appartiene al genere femminile e si consoliderà perché è caratterizzata da un desiderio tenace di perseverare e di espandersi.
La scelta della lotta implica per noi, insieme alla determinazione nel promuovere le azioni insieme a tutto il movimento, anche una disponibilità a prenderci cura dello spazio, il nostro e quello delle altre e degli altri, il luogo fisico in cui sorge il presidio: la tenda e la terra circostante, per noi luogo emblematico, luogo in cui si è generato, si sviluppa e si confronta il pensiero.
La disponibilità a prendersi cura dello spazio comune non è per noi un aspetto riduttivo, un’attività marginale, perché questo lavoro di cura permette poi a tutti e a tutte di sentirsi accolti in uno spazio all’interno del quale si costruiscono i progetti e le azioni di tutto il movimento che qui converge.
Lavorare insieme per un obiettivo comune ci ha rese consapevoli di una forza che avevamo potenzialmente, che si esprime con voce più forte e che cresce nel camminare insieme.
La caratteristica che ci accomuna è il desiderio di riflettere e di lavorare anche su di noi e sulla nostra emotività: di non avere paura, a volte, di dire che si ha paura, perché le nostre paure sono accolte e contenute dalle altre; di parlare anche delle nostra fragilità; di valorizzare le emozioni, dare voce all’entusiasmo, ma anche al dubbio, dare legittimità all’indignazione, alla rabbia… perché tutto questo fa parte della passione che alimenta la ribellione e dà forza alla lotta per il futuro.
Come donne, in quanto generatrici del vivere, guardiamo il mondo con la testa ma anche e soprattutto con il cuore. Con questo atteggiamento siamo riuscite a costruire un agire solidale e a disegnare una prospettiva comune nel segnare/tracciare la strada della pace.
Lo stare insieme ci ha aiutate ad allargare lo sguardo su tutti gli aspetti della realtà, ci ha rese consapevoli della guerra globale, ci ha rese più capaci nell’analisi delle strategie che stanno dentro al progetto di militarizzazione mondiale.
Attraverso il confronto siamo passate dall’intuizione a una migliore comprensione del gioco di potere che si svolge sopra le nostre teste per il controllo delle risorse, alla consapevolezza della lotta feroce che è in atto, mascherata dalla cosiddetta “politica del sorriso”, per l’egemonia degli USA sulla scena mondiale.
Noi non vogliamo essere complici di chi utilizza la guerra come strumento per affermare la propria visione del mondo, per accaparrarsi le risorse del pianeta, di chi porta distruzione e morte nei Paesi più diversi in nome di un modello, per molti astratto, di democrazia.
Con le nostre pentole, le nostre bandiere, con un vaso di terra in mano, abbiamo contribuito a far emergere le contraddizioni dell’amministrazione cittadina e della politica nazionale.
La nostra mobilitazione ha coinvolto altre realtà femminili che difendono i valori che stanno alla base di una diversa qualità della vita, abbiamo messo in primo piano i valori della pace e della salvaguardia del territorio e dell’ambiente, anche altrove.
Noi non vogliamo rimanere fra le persone che dicono che questa vicenda non le riguarda: noi ci sentiamo personalmente coinvolte, ci assumiamo la responsabilità delle nostre scelte, continueremo la lotta per la difesa e l’affermazione dei nostri valori, per impedire che il nostro mondo venga stravolto, e per mettere al mondo, invece, un progetto che si costruisce nel percorso comune.
“Non ha alcuna importanza che li si chiami incontri di testimonianza o di scambio spirituale come è stato nel movimento per i diritti civili; gruppi di autocoscienza come è stato all’esordio del femminismo contemporaneo; circoli di donne o nidi d’ape, come è stato nella storia del movimento delle donne; o infine cellule rivoluzionarie, consigli delle anziane o “gruppi di amarezza” come è stato per movimenti e culture diversi dai nostri.
La cosa che veramente conta è che siano liberi, non più grandi di una famiglia allargata, personali/politici ed estesi ovunque”
Gloria Steinem, Autostima
Il Gruppo Donne del Presidio
Antonella Cunico
Daniela Capraro
Nicoletta Dal Martello
Anna Faggi
Ersilia Filippi
Eufrosine Messina
Paola Morellato
Roberta Munaro
Agnese Priante
Annetta Marie Reams
Paola Rigoni
Nora Rodriguez
Petra Wilmer
Paola Ziche