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Paola Rudan

FRANCESCA ALICE VIANELLO, MIGRANDO SOLE. LEGAMI TRANSNAZIONALI TRA UCRAINA E ITALIA, F RANCO ANGELI, PP. 192, EURO 21

Le donne che migrano sole rovesciano l’ordine patriarcale. Migrando, sanno di venire meno all’immagine della madre legata al focolare domestico e di sottrarsi alla presenza di un uomo forte. Le donne che migrano sole, lasciando i propri mariti e figli nel paese di provenienza, sanno di essere loro le più forti. «Noi siamo più forti»: è proprio questo che dice A. F., migrante incontrata a Venezia, in una delle molte interviste che conferiscono al lavoro di Francesca Alice Vianello una rara profondità.
Migrando sole è il risultato di una ricerca empirica sulla mobilità transnazionale delle donne ucraine. Un fenomeno sempre più rilevante ma ancora poco conosciuto, che l’autrice indaga intrecciando l’attenzione alle biografie delle donne incontrate con un tentativo efficace di trarre da uno studio di caso indicazioni più generali per comprendere i movimenti transnazionali delle donne e le trasformazioni che producono. Si tratta di una ricerca di frontiera, perché svolta sui pulmini che collegano il nordest e il suo oriente, nei parcheggi dove la domenica le migranti si incontrano, in Ucraina, per considerare gli effetti delle migrazioni delle donne sui figli, le figlie, il tessuto sociale. Una ricerca di frontiera perché condotta da una donna che ha accettato di muoversi per essere in grado di comprendere la lingua e il linguaggio parlati dalle donne incontrate.
Le migranti ucraine (il campione considerato è ampio, relativamente uniforme rispetto alla provenienza sociale – urbana, con alti livelli di istruzione – e differenziato soprattutto in termini generazionali) fanno esperienza non solo di quella che Sayad ha definito «doppia assenza», ma anche e soprattutto di una «doppia presenza». È questo rovesciamento proposto dall’autrice che rende meglio la specificità sessuata di questo studio di caso. Si tratta di una riconfigurazione su scala transnazionale del doppio ruolo – produttivo e riproduttivo – rivestito dalle donne: nel momento in cui migrano sole, le ucraine si trovano a indossare i panni del breadwinner (madri goduval’nytsi) conquistando attraverso il denaro un potere inedito all’interno della famiglia e producendo così tensioni e conflitti anche radicali nei rapporti di genere.
Al contempo, come madri esse sono obbligate a ripensare il proprio modello di maternità, adattandolo alla dimensione transnazionale con strategie che vanno dalle frequenti telefonate ai pacchi dono, dalla retorica del sacrificio materno per i figli al valore simbolico attribuito alle rimesse, una vera e propria «sentimentalizzazione del denaro» cui Francesca Alice Vianello dedica, in prospettiva storica, un’analisi approfondita.
La «doppia presenza» delle donne migranti non è letta attraverso uno sterile binomio Ucraina/tradizione – Italia/modernità. Al contrario, si mostra la presenza transfrontaliera di queste due dimensioni considerando, in particolare, il modo in cui l’uscita delle donne ucraine dalla tradizionale divisione sessuale del lavoro sia riaddomesticata tramite la loro segregazione lavorativa come «badanti». Nonostante tutto, la migrazione rappresenta per queste donne un’esperienza sovversiva, che indica nuovi orizzonti di possibilità modificando, ad esempio, il calendario socioculturale che scandisce la loro biografia, aprendo le porte di una «nuova giovinezza», diventando un’opportunità sempre perseguibile di appropriazione di potere anche laddove gli attraversamenti della frontiera costituiscono altrettanti momenti di proletarizzazione.
Lungo queste linee di indagine l’analisi di Francesca Alice Vianello si sviluppa per giungere a proporre alcuni tipi ideali di migranti ucraine – in transito, permanenti, sospese – che, senza alcuna rigidità, mirano a mettere in luce la dimensione soggettiva, la capacità di elaborare strategie diverse a seconda del mutamento delle prospettive personali, delle relazioni famigliari, delle condizioni lavorative. Non vi è, in questo approccio, alcuna forzata esaltazione della migrazione delle donne come processo emancipatorio in sé dato, ma al contrario la capacità di cogliere tensioni e contraddizioni, possibilità e limiti, restituendo la rilevanza sociale e la costitutiva politicità dell’esperienza personale e del suo racconto. In questo senso, Migrando sole non è solo un contributo estremamente rilevante per comprendere la dimensione ormai compiutamente transnazionale della riproduzione sociale, ma mostra con chiarezza la necessità imprescindibile di uno sguardo sessuato alle migrazioni contemporanee: perché le donne ne sono protagoniste e perché, anche migrando, le donne cambiano il mondo.