Gratitudine sociale
Vita Cosentino
19 Ottobre 2020
di Vita Cosentino
In questo periodo in Italia e nel resto d’Europa sono allo studio provvedimenti considerati decisivi per la ripresa economica. Ancora non si sa quali misure verranno adottate.
Mi ha colpito leggere che in Germania si stia discutendo di ridurre l’orario di lavoro nella grande industria. É una misura che in passato per la sinistra si è caricata di intensi significati, quasi una rivoluzione per la liberazione dal tempo alienato. Io invece mi sono convinta che questo rimedio di per sé non sia trasformativo in meglio. Anzi può anche volgersi al peggio, ridursi a uomini che passano più tempo al bar dediti al bere e alle risse, e a donne più rinchiuse in casa a pulire e seguire la famiglia. Ritengo che potrà portare a nuove invenzioni, a un vivere comune rinnovato, tutto da immaginare, solo se va di pari passo con lo smascheramento di quello che Ina Praetorius chiama l’ordine bipartito del mondo: “due sfere diseguali, una più alta, alla quale si associano virilità e libertà, e un’altra più bassa, che si presume naturale, quella delle donne e della dipendenza” (il corsivo è mio, Via Dogana n. 89).
Questo ragionamento sull’ambivalenza dei provvedimenti allo studio vale anche per quelle misure che in questo momento sono più dense di aspettative, come il reddito di base europeo. Insomma io credo che non sarà una politica di obiettivi a produrre il necessario cambiamento di paradigma economico. In ballo c’è una profonda trasformazione culturale che tocchi le strutture profonde della società e di conseguenza porti a una ricontrattazione del rapporto tra i sessi sia nella vita privata che in quella pubblica.
Superare quell’ordine simbolico e sociale bipartito, è già vivere un cambio di civiltà basato su un’altra concezione dell’essere umano. Per questo, alla riunione allargata di Via Dogana 3 del 4 ottobre 2020, abbiamo voluto invitare alcuni amici di Maschile Plurale e riprendere uno scambio su questioni di fondo.
Certamente l’ordine sociale e l’ordine simbolico non coincidono, ma si influenzano e in un tempo in cui la strutturazione della società va in pezzi, la grande occasione per me è questa: una presa di coscienza che cambi l’orientamento simbolico di fondo per uomini e donne e, attraverso questo modificato stare al mondo, imprima una direzione al cambiamento della società.
Oramai parecchi anni fa Luisa Muraro, nell’Ordine simbolico della madre, invitava a pensarsi come “vita ricevuta”. All’inizio di ciascuna e ciascuno di noi c’è “la relazione con la matrice della vita” e non un “io” autosufficiente. Nella sua analisi Muraro introduce l’elemento decisivo della gratitudine, che si sostituisce all’odio e all’avversione per la propria origine. Dalla madre abbiamo ricevuto la vita, la parola e tanto altro. Tutto questo non finisce con l’età infantile. Praetorius, riprendendo l’idea dell’ordine simbolico e della gratitudine come postura dell’essere umano, fa vedere come continuiamo a ricevere per tutta la vita perché siamo sempre all’interno di una matrice, la matrice mondo, Non possiamo vivere neppure pochi minuti senza aria e proprio il Covid ci ricorda drammaticamente quanto il respiro ci è indispensabile.
Io so di persona come la gratitudine può orientare la nostra vita e essere molla di trasformazione. Mi ha salvato in quell’evento tragico che mi ha ridotto invalida. Solo la gratitudine per l’aiuto e il sostegno di chi mi circondava e anche di amiche e amici lontani, mi ha permesso – come racconto in Tam tam – di attraversare il periodo più difficile, i primi anni da paraplegica, senza cedere alla disperazione. Di recente, alla fine del lockdown, tutte noi della libreria delle donne di Milano abbiamo dato volentieri dei soldi per sostenerla in una riapertura difficile, perché grate per quanto la libreria ha dato alla politica e alla elaborazione teorica femminista.
So quindi che questo dispositivo simbolico funziona nella propria forma di vita, circola nel sistema relazionale a cui si partecipa, nella società femminile, nei suoi luoghi. Ma può sprigionare il suo potere trasformativo nel mondo comune di uomini e donne? Io penso di sì, e credo che la sfida attuale sia quella di fare della gratitudine un principio di REGOLAZIONE SOCIALE Si tratta, cioè, di immettere il senso della gratitudine nel sistema sociale perché lavori come un lievito per la trasformazione, per quella “rivoluzione individuale e collettiva” di cui ha parlato Marco Deriu nella sua introduzione all’incontro di Via Dogana 3.
Nel lockdown idee radicali lette nei libri sono diventate esperienza soggettiva: possiamo fare a meno di manager, pubblicitari, banchieri, ma non di madri di famiglia, infermiere, spazzini, commesse dei supermercati, agricoltori… Queste esperienze così condivise hanno cambiato momentaneamente le categorie di attribuzione del valore.
Affinché questo processo rimanga aperto, vada avanti e non si torni come prima ci vuole lavoro teorico e simbolico e immaginazione politica: che cosa succede se si immette nel ragionamento economico il senso della gratitudine sociale?
Adriana Maestro nella sua introduzione ha fornito elementi approfonditi di conoscenza sulla questione del valore del lavoro. Come il senso della gratitudine sociale scompiglia le categorie e le gerarchie del valore del lavoro?
Farò solo un esempio un po’ provocatorio. In questi giorni si sta discutendo molto se fermare o no il campionato di calcio, dopo che quasi tutti i giocatori del Genoa sono risultati positivi al Covid. Ho seguito un dibattito alla radio e chi sosteneva che il campionato doveva andare avanti comunque, diceva di preoccuparsi non tanto dei calciatori quanto di tutti quei lavoratori invisibili che rendono possibili questi eventi sportivi e che ne uscirebbero rovinati. Con queste semplici parole si delinea tra salute ed economia l’alternativa ricattatoria che in questo tempo di pandemia si pone in ogni dove e in ogni momento.
Posto che le cose stiano davvero così, se immettiamo nel ragionamento la gratitudine sociale nei confronti di questi lavoratori si possono immaginare proposte temporanee o stabili che mettano in discussione i criteri di valore abnormi che vigono nel mondo del calcio. Se tutti quelli che vi sono coinvolti riescono a percepire attraverso la gratitudine quanto sia ingiusto l’enorme divario tra il compenso di un calciatore e quello di un lavoratore del settore, allora diventa più facile arrivare a qualche proposta che permetta a tutti di attraversare questo periodo difficile, pur con una parziale o totale sospensione del campionato.
La prima che mi viene in mente: dimezzare il compenso dei calciatori per assicurare una vita dignitosa a tutte quelle famiglie.
(Via Dogana 3, www.libreriadelledonne.it, 19 ottobre 2020)