L’entusiasmo di poter in qualche modo essere con noi, sentirci vicine, chiudere gli occhi ed essere in libreria è percepibile materialmente da quando abbiamo fatto esperienze di video in streaming. È anche il nostro.
Sappiamo quanto può essere prezioso percepire il tono della voce, scorgere l’espressione del viso, avvertire l’emozione del momento. Tutto questo è possibile con i video.
Però sappiamo anche che a volte questa passione fa confusione e che c’è bisogno di prendersi momenti per la relazione in presenza, che può ridare ordine e far avanzare il pensiero.
Mettiamoci anche la fatica: le energie, il tempo e le competenze richieste da questa modalità di comunicazione non sono banali. Ancora di più: la tecnologia a volte fa cilecca.
Tutto ciò crea frustrazioni e dobbiamo venire a patti con il nostro desiderio profondo.
Durante le lezioni di Luisa Muraro è capitato qualche problema e subito ci sono state reazioni d’impazienza e di collera.
Pensiamo che sia necessario mettere in atto qualcosa in più rispetto alle pretese, avendo in mente che l’altro può darti quello che ti aspetti, oppure no. Dobbiamo trovare insieme una misura. Come in un gioco amoroso, dove certamente conta arrivare al risultato, ma per la sua giusta strada. Che è la relazione nella libertà. Vi sembra un paragone troppo forte? Forse, ma noi desideriamo che il sito coltivi la migliore qualità delle relazioni.
La redazione del sito
di Cettina Tiralosi
Ho provato un gran dispiacere a non ritrovare più lì, come in uno sconfinato “scaffale” della mia libreria preferita, il video della presentazione della rivista “Via Dogana” 104, Un sì e qualche no.
Che peccato! Era lì a portata di tutte-i, come in una illimitata biblioteca pregiata e “pubblica” veramente rivolta a chi vuole sapere, in qualsiasi momento, senza orari di chiusura (o di apertura?).
Ho trovato invece al suo posto una richiesta di aiuto e tanti riferimenti ad esso, sulla bontà o sconvenienza della rete (parola tanto cara alle donne) su Internet.
“Il video fissa per sempre riflessioni che in realtà sono in movimento.” cito dal “1 aprile 2013 – Messaggio con richiesta di aiuto a chi entra in questo sito”.
Scusate la mia intrusione: ma il libro o la rivista stampata non fanno lo stesso?
Non siamo forse donne “libr-ere”, liberate attraverso la scrittura e la lettura, i racconti e le narrazioni delle altre?
Il video di quell’incontro è uno di questi esempi che scioglie dalle catene della paura di donare libertà.
Il simbolico della libertà delle donne non si fa e non può farsi dare “scacco matto” dalla rete virtuale come se una Libreria intera di carta stampata, preferita dalle donne di tutto il mondo, con i suoi tanti volumi scelti accuratamente, fosse meno virtu-ale dalla “carnale” ?
(Carnale: mai parola fu più infelicemente scelta a mio avviso ad un contesto post-patriarcale, poiché storicamente contrapposta allo spirito, mentre le donne amano la sensualità nell’unità dell’anima con il corpo sostanzialmente fatto sì di “carne” ma anche di ossa, strutture portanti!) Chiamerei piuttosto “paura” o “fuga dalla libertà” a gambe sollevate, questo improvviso arroccamento che si ripropone ogni qualvolta davanti al provare una pratica politica “orizzontale” fino alle sue estreme conseguenze, come è di fatto la rete su Internet: senza alcuna-o sopra la testa se non il cielo, senza alcuna-o sotto i piedi se non la terra, e con tanti occhi da incontrare nel loro sguardo più profondo, senza vergogna e senza paure.
Giocare la differenza sessuale nel simbolico richiede passione e molta attenzione per sciogliere senza tagliare una matassa aggrovigliata da tempo immemorabile. La realtà degli atti linguistici che creano parole e contesti di giusta misura, ci offrono tante virtù e possibilità risolutive, sempre e ovunque ed in ogni momento, basta sapere scegliere in mezzo a tanta ricchezza, basta solo attivare un buon esercizio o esperimento, se preferiamo.
Mia nonna nel secolo scorso aveva ancora paura ad ascoltare la voce di suo figlio dall’America attraverso la cornetta telefonica: non era dall’oltre tomba, ma solo al di là dell’oceano.
Occorre coraggio ed esercizio. La libertà è nelle nostre-vostre mani, care amiche vicine e lontane, storiche e recenti, come tante ci hanno insegnato e disegnato nei loro testamenti librari, per citarne solo alcune tra le più note pioniere: Etty Hillesum, Virginia Woolf, George O’ Keeffe, ad libitum.
di Fiorella Cagnoni
Poi, tornando un momento alla questione streaming: un puntino su una i. Non
vorrei si considerasse un’obiezione valida quel che scrive Mira Furlani.
Cioè che “una diretta streaming di quel genere porta in casa d’altri
pratiche sensibili che comportano variabili emotive, proprie delle
discussione fra coloro che lavorano insieme e si conoscono bene, per cui
tutto vale, anche ciò che a chi è lontano da quel contesto può apparire o
suonare strano.” L’obiezione è senz’altro sensata in altri casi, – non certo
per le presentazioni di VD. Che sono incontri pubblici aperti, non
“discussione fra coloro che lavorano insieme e si conoscono bene”. Che sono
altro genere di momenti.
Sia chiaro che nessuna chiede Tuttalalibreriaminutoperminuto. Come ho già
detto, dio ce ne scampi. Si parla delle presentazioni di VD (e di quel che
poi voi aveste desiderio di strimare).
di Massimo Rimpici
Nella vostra richiesta di aiuto, in parte, c’è già una prima risposta
quando affermate che la scommessa sta nell’ambizione di intrecciare reale e
virtuale.
La tecnologia mette a disposizione delle relazioni degli strumenti
aggiuntivi rispetto a quelli tradizionali, perché non approfittarne.
L’importante è di non pensare che possano essere sostitutivi della
relazione in presenza o di sottovalutarne “le insidie” come correttamente
sottolineate nel messaggio.
Io parto dalle relazioni che ho, che coltivo quotidianamente con uomini e
con donne, come si fa a non cogliere la ricchezza dello sguardo in
presenza, le emozioni del detto qui ed ora, le espressioni del viso, della
bocca, della voce: elementi insostituibili della comunicazione orale.
Anche un gesto, una carezza, un abbraccio possono far parte della
comunicazione in presenza, per non parlare dell’energia che si crea durante
una discussione di gruppo o duale.
Il virtuale però, così come la scrittura, essendo meno diretto, offre
un’opportunità in più: la riflessione mediata dal tempo, la sedimentazione
dell’invenzione creativa prodotta dal pensiero, dal desiderio di
espressione, di comunicazione.
Questa vostra richiesta di aiuto mi ha subito ricondotto ad un testo, che
casualmente presentate proprio oggi a Milano presso l’Alveare e che ho
letto di recente, dove, in tema di autocoscienza, un gruppo di giovani
donne dell’Università di Verona si sono poste (quasi, ma non solo) lo
stesso dilemma: è possibile fare autocoscienza a distanza, attraverso il
web e/o la scrittura, le mail? E’ possibile, cioè essere in relazione a
distanza?
“La distanza geografica – scrivono le studentesse nella presentazione del
libro FRAMMENTI DI AUTOCOSCIENZA, del Collettivo Femminista Benazir, Aracne
editrice 2012), l’impossibilità di essere sempre fisicamente insieme, la
comodità della mail, l’urgenza di dire, raccontare, chiedere tra un
incontro e il successivo, hanno fatto sì che le nostre relazioni si siano
nutrite in buona parte di parola scritta anziché orale…”.
In realtà il libro, oltre alla messa in parola di questo percorso di
autocoscienza femminista, è anche un puntuale e scrupoloso diario dei
dubbi, delle difficoltà, delle perplessità (principalmente nella sua prima
parte) relative all’uso della scrittura come strumento corretto di
comunicazione nelle relazioni, soprattutto in un percorso di autocoscienza.
“Se parlandone con voi durante gli incontri l’imbarazzo piano piano
svanisce, quando arriva il momento di scrivere, ecco riapparire tutti i
tabù, le paure, le vergogne che schiacciano come macigni il mio rapporto
con il corpo, con la sessualità”, sostiene una delle protagoniste.
Scrivendosi esprimono anche la paura di essere…fraintese, oppure
invitano a “…cercare di capire le poche parole…”(Virginia).
“Lo scrivere lo vedo come un momento di autocoscienza con me stessa –
sostiene Elena – e questo lo dico – aggiunge – perché non è vero che ti
metti lì da sola e scrivi”
Insomma lo scrivere in una relazione è uno sforzo aggiuntivo, “speciale” ma
che non va mai sostituito con la parola detta* *sguardo nello sguardo.
Certo, alcune cose scritte in un rapporto di relazione non sempre poi
vengono riproposte, rianalizzate in presenza, ovvio, restano scritte e
basta, ma quanto “lavoro” hanno prodotto dentro?!
“Essere in relazione vuol dire anche conoscersi di più, sottolinea
un’altra”, ma quanta ricchezza c’è, aggiungo io, nel fermarsi a meditare, a
metabolizzare e tradurre in scrittura “gli spazi di cielo infinito” che la
relazione ha prodotto sia in presenza che via web.
E’ la prima volta che vi scrivo, anche se vi seguo da tanti anni. Quanta
incertezza, quanto timore nel decidermi: solo un amore grandissimo ed una
infinita gratitudine può rimuovere tutti gli indugi.
Redazione del sito della Libreria delle donne di Milano
Della Rete si parla bene e male. Bene perché ci fa comunicare a livello globale, ma non solo: la Rete ha una potenza simbolica che le donne in particolare felicemente conoscono. Pensiamo ai paesi arabi e magrebini, quelli delle ultime rivoluzioni. Una famosa blogger e giornalista tunisina, Sondès Ben Khalifa (Repubblica, 15 marzo 2011), sostiene il ruolo fondamentale della rete, dei blog, dei social network nella loro marcia verso la libertà: “la dittatura ha visto arrivare la propria fine a causa di una mobilitazione virtuale, trasformatasi in reale”. E in occidente? Pensiamo a Retescuole, al movimento No global o al Movimento 5 Stelle. La Rete ha permesso lo sviluppo di soggettività politiche nuove, per contenuto e forma organizzativa.
Naturlamente non si tratta di fare del trionfalismo né di nascondere le insidie, ma di riconoscere che la Rete non solo permette di ampliare le possibilità di comunicare, ma fa capitare anche altro, prima nell’immaginario e poi nel simbolico. Si tratta di qualcosa di essenziale, che riguarda l’esistenza simbolica, il senso di poter esserci e contare: i giovani specialmente cercano nella rete la possibilità di esserci in prima persona, di fare politica partendo dal proprio vissuto, mettendosi in gioco personalmente.La possibilità di trasformare in politica i loro (i nostri) desideri dipende in primis dalla qualità delle relazioni, anche perché c’è il rischio che i rapporti virtuali prendano il posto di quelli reali, cioè vivi, diretti, in carne e ossa.
Inoltre l’immediatezza della rete può indurre un ottimismo semplicistico, che deresponsabilizza e allontana da una presa di coscienza soggettiva: gli appelli per le cause più diverse rischiano di portare a un’estrema semplificazione delle questioni politiche.
Far conoscere le idee è importante ma non è tutto. Prima delle idee c’è l’esperienza che ti mette in contatto con le persone, con i luoghi fisici, con i contesti dove tu ti esponi in prima persona. Detto in altro modo: l’essenziale raramente è visibile e non si lascia mettere in parole o figure. Però si sente, è sensibile. Ma per sentire bisogna esserci in carne e ossa, anima e corpo, fisicamente lì, con tutti i sensi (che sono ben più di cinque) e soprattutto bisogna esporsi alle altre e agli altri, che ti vedono, ti guardano, ti possono toccare…
La tecnologia permette di assistere in tempo reale a incontri di donne e uomini che si ritrovano per aprire strade nuove sia alla libertà femminile sia alla maschilità non mascherata di potere. Abbiamo cominciato a usarla con alcune riprese differite e non (streaming): la vigilia elettorale e per la presentazione della rivista “Via Dogana” 104, Un sì e qualche no.
Molto bene… Tuttavia i tranelli non mancano. Lo scambio in presenza permette di capire il contesto, di calibrare la comunicazione rispetto alle persone presenti e alle relazioni che costruiscono l’incontro. Permette di lasciare andare il pensiero in libertà e insieme alle altre/agli altri di fare un passo in più. Il video fissa per sempre riflessioni che in realtà sono in movimento. Lo scambio e il conflitto si agiscono grazie a diversi livelli comunicativi e noi sappiamo che così il pensiero va avanti. Cosa cambia quando si fa un video? Possiamo fare un passo in più anche grazie alla possibilità che ci dà la rete di arrivare a comunicazione con persone lontane? Assistere a distanza permette di capire cosa sta davvero capitando in quel luogo?
Si tratta di obiezioni e domande che riguardano da vicino la forza della pratica politica delle donne e che vogliamo tenere come preziose.
E quindi? Quindi continueremo a pensare. Anche perché sappiamo che tante e tanti ci seguono da lontano, desiderosi di essere qui, in qualche modo, con noi.
Siamo in una fase di discussione e di prova. Fin qui abbiamo già trovato un accordo sul tener conto della disponibilità delle singole persone; siamo d’accordo di selezionare gli eventi da riprendere e da trasmettere… Ma non c’è niente di definitivo, niente di consolidato, in effetti sono questioni grandissime. Abbiamo la forza e la pazienza di affrontarle, ma non da sole, non senza le donne e gli uomini che visitano il sito.
La Libreria delle donne di Milano e il suo sito hanno l’ambizione di intrecciare reale e virtuale. È un progetto che pratichiamo e su cui in questo momento discutiamo molto e, qualche volta, molto polemicamente. Chi ci vuol bene e chi semplicemente ne ha voglia, intervenga a dire la sua.
di Donatella Massara
Ho visto con molto interesse l’incontro di Paestum, le parti che ho trovato a disposizione in rete. Mi è piaciuto proprio non avere a che fare con la selezione – come la chamate voi- ma con tutti gli interventi che ci sono stati. Mi è piaciuto molto anche seguire l’incontro sulla candidata rosa. Non ho potuto guardare l’incontro di Via Dogana perchè l’avete tolto. Se lo rimettete in rete lo guarderò. Ora vorrei discutere quello che avete scritto.
Mi piace la deduzione di esistenza simbolica riferita ai giovani della rete e in genere per tutte e tutti. E’ un concetto vecchio che deriva da una cultura pre-virtuale ma va bene lo stesso. Spiega bene qualcosa che non avviene direttamente nella materialità ma che cambia la sostanza della rappresentazione di sè. Chi lavora sul campo secondo me ti dimostrerebbe che cambia materia e simbolico perchè c’è un’economia virtuale che noi della generazione della capote non conosciamo. Ma ok!!! Certo che quando leggo: siamo d’accordo di selezionare gli eventi da riprendere e da trasmettere… Eh no grazie!!! Perchè ho avuto modo di verificare come avviene la capacità selezionatrice del sito della Libreria e non l’ho apprezzata. Non entro nel merito. Ci sono già entrata. Poi perchè temere che si snaturi il proprio modo di essere davanti a una registrazione e poi fare una selezione come dite voi? Che la scelta riguardi optare fra un incontro sì e un altro no. O che riguardi gli interventi consumandoli alcuni e altri escludendoli. Così che una parli auspicando di non essere tagliata? E in base a che? Ma chi l’ha detto che voglio ascoltare proprio gli interventi che interessano a voi? e se io volessi ascoltare proprio quegli incontri o interventi che voi tagliate giudicati poco interessanti? la selezione di che? Di Miss Italia? Piuttosto parliamo di reportage. Credo che il punto più forte di tutte le obiezioni fatte alle registrazioni sia quello che dice “non sono la stessa se so che vengo ripresa” e diciamo: replicata. Non è più la stessa neanche l’assemblea che potrebbe presentare delle caratteristiche nuove, di fronte alla trasmissione potrebbe effettivamente prendere un’altra piega, no? e’ facile immaginarla, non sappiamo come però e qui sta il dato interessante!!! questo è coinvolgente, per me. Pensiamo però se la rete ci facesse tutto il suo lavoro, mettesse in opera le sue azioni che sono sempre inaspettate e la riunione stesse rompesse i giochi ripetitivi che per forza o per amore possiede. Ecco questa possibilità mi intriga. E mi sveglia.
di Mira Furlani
Care amiche della libreria,
sono una che vi vuole molto bene, che quotidianamente intreccia reale
e virtuale, non per amore per la tecnologia, ma per necessità e
praticità, nel senso della comunicazione velocizzata, sia nelle
relazioni che nelle cose pratiche, come per es. fare la spesa al
supermercato quando sono costretta all’immobilità o sono malata. Cose,
queste, non da poco. Per questi motivi il vostro messaggio con
richiesta di aiuto mi ha interessata.
Riconosco che lo scambio in presenza permette di capire il contesto e
una libertà di pensiero in movimento. Cosa cambia quando si fa un
video o si trasmette un incontro in streaming?
Le due cose per me sono un po’ diverse. Ho visto alcuni video fatti da
voi e trasmessi su Facebook o You tube, sono interviste molto
interessanti, come per es, quelle di Paestum. Oltre a due interviste
(Muraro e Cigarini) trasmesse dalla Libreria, in streaming ho visto
soltanto la riunione del sabato sera prima delle elezioni politiche
dello scorso febbraio. Mi ha fatto piacere sentire in diretta il
pensiero delle/dei presenti, vedere i visi e gli scatti delle/degli
intervenuti, insomma partecipare col mio cuore vicino al vostro. Il
sito della Libreria é già una finestra aperta nel e sul mondo. Lo
scambio veloce di informazioni attraverso le e-mail ha arricchito e
allargato il pensiero e le pratiche di tutte quelle che ci lavorano,
compreso l’elaborazione e la pubblicazione di Via Dogana. Sull’uso
dello streaming per allargare ulteriormente queste pratiche credo sia
da ripensare, andando oltre il mi piace/non mi piace, oltre é
utile/non é utile.
Non ho visto lo streaming di sabato 9 marzo su VD, nessuno mi aveva
comunicato che c’era e come entrarci. Da un lato mi é spiaciuto, da un
altro mi sono detta che é stato meglio così. Una diretta streaming di
quel genere porta in casa d’altri pratiche sensibili che comportano
variabili emotive, proprie delle discussione fra coloro che lavorano
insieme e si conoscono bene, per cui tutto vale, anche ciò che a chi é
lontano da quel contesto può apparire o suonare strano. Tutto questo
indipendentemente da una password o meno.
Ma…detto questo, confesso che mi é mancata l’esperienza di vedere e
ascoltare una delle vostre discussioni su VD. Possiedo e leggo VD fin
dal primo numero, abito a Firenze e per molte ragioni non posso
partecipare di persona ai vostri incontri. La trasmissione in diretta,
se particolarmente importante, può essere e diventare un mezzo
formidabile per un di più per noi lontane, oltre un di più che avrà
delle ricadute positive anche per quelle/i della redazione che ci
lavorano, ne sono certa. Sul come e quando trasmettere credo che dovrà
decidere l’esperienza vostra e anche nostra, pensare di volta in volta
se trasmettere solo con voce o anche in video, con interviste,
riunioni in diretta o non in diretta. Informatemi e insegnatemi come
potervi sentire e vedere, con la tecnologia son una frana. Ciao a
tutte, Mira Furlani.
di Adriana Sbrogiò
Ho letto il “Messaggio con richiesta di aiuto….” e mi pare molto buono. Credo sia molto importante continuare nello sviluppo della comunicazione utilizzando i mezzi della tecnologia per cui, anche se non si è là fisicamente, si può comunque ascoltarvi e vedervi. Posso farvi sentire la mia presenza, magari con un sms o una mail, e poi prendere appunti ed interpellare qualcuna di voi.
Personalmente ho avuto passione per la tecnologia fin dagli anni ’50 quando scrivevo i libri contabili con il pennino e l’inchiostro e siamo passati alle scritture con il ricalco per poi, in seguito, utilizzare le primissime macchine a manovella per fare i calcoli. Il mio direttore generale svizzero (anni ’60 – ho lavorato 20 anni con gli svizzeri) ) ha preteso, poi, che imparassi ad utilizzare le nuove calcolatrici elettroniche con la mano sinistra, così mi restava libera la destra per riportare i calcoli in tempo reale, senza staccare mai la penna dalle schede della contabilità. (Ho imparato molto e bene a lavorare con gli svizzeri). E così avanti, avanti fino all’attualità. La macchina per scrivere è stata, per me, un importante strumento di lavoro fin dall’inizio e ora mi piace tanto il PC e tutto quello che ne consegue. Anche se non sono brava ad imparare come una volta. E quando penso che sto diventando vecchia e che non servirà più tanto che io prenda treni o altro per esservi accanto, mi viene un moto di gioia perché vedrò andare avanti la nostra politica anche se sono distante fisicamente. E sicuramente mi sentirò meno sola e quando desidero potrò intervenire. Evviva il web.
Intanto vi auguro Buona Pasqua e ci risentiamo più avanti per definire i tempi del nostro incontro a Spinea. Se vi fa piacere ci risentiamo anche per telefono.
Un abbraccio con stima e affetto
Adriana Sbrogiò
“Carissime curatrici del sito della libreria, complimenti per la chiarezza e la gradevolezza del nuovo sito. Inoltre, grazie al video che avete inserito, ho potuto partecipare dalla mia sedia a rotelle alla presentazione del nuovo numero della rivista. Una bella novità.
Mi avete ricaricato e fatto compagnia in una delle tante giornate di isolamento forzato.
Spero di conoscervi di persona in libreria dopo aver messo in soffitta la mia sedia a rotelle.
Buon lavoro.
Clara Bianchi”
“Care amiche della libreria delle donne di Milano.
Ho molto apprezzato il video sull’incontro che si è tenuto sabato scorso sull’articolo di Via Dogana, ” Un Sì e tre no”. Per me che vivo a Livorno il video è stato un evento importante tanto più che la parola delle donne o , se vogliamo, la nostra politica, è costantemente offuscata e resa invisibile dalla luce accecante della scena mediatica. Che le nostre idee circolino è un’ottima cosa. Sono d’accordo sulla lettera alle nuove elette e sulla sfida da portare nel cuore stesso delle istituzioni, della politica.
Un caro saluto
Giuliana Giulietti”
“Spett.le Libreria delle Donne di Milano
Ho partecipato al fecondo dibattito sui video nel sito della Libreria.
Sono molto interessata a che siano mantenuti almeno quelli sui numeri della rivista Via Dogana. E’ utilissimo poter compartecipare a distanza alla riflessioni del Cenacolo di via Calvi 29.
Buone cose e grazie per l’attenzione.
Loredana Aldegheri
Verona, marzo 2013″
“Mie care, provo a convincere le contrarie o le incerte della bontà anzi dell’eccellenza di dirette video degli incontri in Libreria. Non di tutti! Il cielo ce ne scampi! Ma di quelli, per esempio le presentazioni di VD, che renderebbero possibile a chi non vive a Milano di approfondire la riflessione sul numero insieme a voi. Per me che partecipo al L e M di Lecce – (Lecce e Milano, significa l’acronimo, è il seminario permanente di riflessione su VD) – aver seguito la diretta di sabato 9 è stato meraviglioso. Ho preso appunti, ho ragionato e capito come se fossi stata là.
Avevo detto a Lia – che dopo la prima diretta m’aveva spiegato le proprie peraltro comprensibili e ragionevoli obiezioni, la principale essendo quella di mantenere un luogo di discussione non contaminato dalle variabili emotive e comunicative che una diretta video potrebbe comportare – due cose. Uno: che a me non era parso, ascoltando la riunione della candidata rosa, che le parlanti e le ascoltanti che vedevo fossero diverse da come le conosco quindi il rischio di cambiamenti non lo vedevo, per il momento. E due che una eventuale mediazione potrebbe essere una password di accesso.
Sinceramente non credo che masse di donne curiose e cattive si sintonizzerebbero sullo streaming in questione, ma eventualmente una password aiuterebbe.
Se non siamo masse, siamo e saremmo però numerose con una curiosità buona e una bontà politica. E vedo infatti che altre donne da varie città esprimono in Facebook il proprio dispiacere per la contrarietà di alcune.
Chiedo in ginocchio che si continui a discuterne, e per ora scusandomi della lungaggine e certa d’essermi fatta intendere vi abbraccio.
Fiorella Cagnoni”
Riflessioni per un intervento alla Scuola di scrittura pensante di Luisa Muraro
di Sara Gandini
Lo scambio, la scrittura via Internet ha rappresentato nella mia vita una grande possibilità per fare politica in relazione. Io sono arrivata alla Libreria delle donne di Milano, il luogo a cui dedico la mia passione politica da 10 anni, grazie a poche sapienti parole di una professoressa che ha saputo incuriosirmi, spiazzarmi, mettere in discussione le mie certezze riguardo al femminismo e, da sapiente ragna, attirarmi nella rete della Libreria.
Poche parole lucenti, da parte di una donna autorevole, mi hanno messo in moto. E qui subito esce la questione: lo scambio via internet necessita una comunicazione veloce e bisogna imparare a scegliere con cura le parole. Ma anche ad usare “i silenzi”: quando e se rispondere, come dare valore alla non-risposta, alla sottrazione, come esserci con autorevolezza… Il contesto era quello della Rete civica di Milano che si basava su conferenze, scritte, pubbliche.
Nei social network la scrittura pubblica si intreccia con quella via mail. Uno degli aspetti che più mi ha attirato della scrittura per mail è quello della comunicazione in una relazione duale, caratterizzata da uno spazio intimo.
Si tratta di un linguaggio meno formale e più vicino ad un flusso di pensieri, di associazioni. Si tratta di una comunicazione spesso molto personale. Il fatto che la comunicazione dipenda dallo schiacciare un pulsante permette un’immediatezza difficile in altri ambiti.
La velocità dello scambio via mail e avere di fronte un video, e non l’altra persona, comportano la possibilità di essere più impulsivi, di prendere coraggio per vincere timidezze e paure, di scambiare a livello profondo, di abbassare le difese e conoscere le persone in una dimensione quasi magica, con una modalità che raramente si vive di persona.
La tensione a scrivere per l’altro, avendo di fronte un video, è segnato dalla possibilità di lasciarsi trasportare dallo sguardo dentro di sé e di mostrarsi con meno remore.
Alcuni di questi scambi sono stati per me grandi occasioni di conoscenza di me stessa, prima di tutto, per esplorare le mie contraddizioni, per mettermi in discussione.
In questo tipo di scrittura molte regole della lingua scritta saltano, come l’uso delle maiuscole ad esempio, e si comincia anche ad inventare modi più creativi di usarle. Per esempio urlare usando solo maiuscole.
Internet può portare anche a disimparare a scrivere perché si usano frasi brevi, spesso vicine al parlato, ma nella mia esperienza la necessità di dover comunicare, e farlo al meglio, mi ha spinto a mettere molte energie nella scrittura, a porre attenzione a quali modalità risultavano più aggressive, più comunicative, più efficaci.
L’urgenza di comunicare, di entrare in relazione è stato un in sé un impulso non da poco.
Per essere efficaci le nuove realtà di internet come Facebook permettono di intersecare strettamente il linguaggio scritto con immagini, video, musica. Le immagini interagiscono molto di più con la scrittura, che quindi può diventare più essenziale. L’esigenza di comunicare le emozioni, gli stati d’animo ha portato ad usare sempre più gli smileys: faccette disegnate attraverso la punteggiatura che rappresentano un modo per far entrare il corpo nella comunicazione. Oramai usare smiley è diventato essenziale per interpretare correttamente, perchè il linguaggio è molto vicino a quello parlato, ma senza l’aiuto della voce, della tonalità.
L’assenza del corpo pone la questione del neutro, di come segnare la differenza sessuale. Nei social network si adottano una serie di parole come amministratore, fondatore, responsabile, tradotte dall’inglese e solo al maschile, che fanno problema per chi vuole segnare il mondo con il taglio della differenza sessuale. E qui ci vogliono invenzioni, neologismi come il nostro WebMater per il sito della libreria delle donne.
È importante inventare dei modi per rinominare, per segnare, per significare… senza fare battaglie inutili con i vari amministratori come quelli della grande macchina di Facebook (FB). Nel gruppo Libreria delle donne che ho creato su FB ad esempio ho deciso di aggiungere io, al nome della amica con cui gestisco il gruppo, una specifica “fondatrice e amministratrice” che spicca vicino alla specifica di FB tutta al maschile, e segna simbolicamente molto di più di qualsiasi battaglia formale sulle regole.
Facebook è un social network che si basa sul mettere al centro del mondo la propria soggettivita’ (libro di facce), sull’idea di mettere la foto del proprio viso come firma su ogni cosa che si scrive. Altro aspetto cu sui si fonda basa è l’amplificazione all’infinito di “amicizie” che in realtà sono semplici contatti con persone sconosciute.
Quindi, in realtà, si tratta di un soggetto che parla di sé a sconosciuti, al mondo, con il rischio, la tentazione che attira molti, dell’esaltazione dell’ego e allo stesso tempo della dispersione nel nulla, negli infiniti modi che propone per annullare la mente in giochini alienanti, in test sciocchi su chi si è o su chi si vorrebbe essere, su quale animale o personaggio storico ci rappresenti.
Nascono ogni giorno mille cause da sostenere, mille appelli sui più svariati problemi socio-ecologico-politici, ideali per mettere a posto la coscienza di chiunque senza approfondire nulla. E così l’essere qualcuno o qualcosa, l’importanza di un evento, di una causa, dipende dal numero di firme: il numero di facce che sottoscrivono.
Il rischio è che l’aderire alle mie cause, fan club, gruppi diventi il proprio logo (vedi No logo della Klein), che la propria esistenza simbolica dipenda dal mettere la propria firma ad una certa causa gruppo: NoTAV, No Berlusconi…, per cui sei qualcuno in quanto appartieni sostieni determinati gruppi.
Inoltre c’è il rischio di semplificare il mondo stravolgendolo, così ad esempio la lotta contro la violenza maschile si trasforma in “eviriamo tutti i pedofili”…
Per partecipare a questi social network ci si deve iscrivere ma in realtà nessuno controlla e le persone hanno cominciato a giocare con le identità, iscrivendosi con altri nomi, mettendo qualsiasi tipo di immagine al posto della foto del proprio viso…
Scegliere chi si vuole essere, poter creare personalmente mille gruppi, test, cause, poter pubblicare tutto quello che si vuole implica che Internet sia un luogo libero come può sembrare? No.
Questa enorme macchina, con milioni di utenti, ha certamente aspetti inquietanti. Infatti può addirittura capitare che cancellino il proprio profilo da un momento all’altro per delazione di un qualche utente, senza che si possa fare nulla.
A me è capitato che mi cancellassero una foto di Francesca Woodman, perché infastidiva una donna che l’ha segnalata.
Si trattava di una foto di una donna incastrata tra le radici di un albero, la scusa è che si vedeva il seno di questa donna, in realtà è una foto inquietante e deve avere infastidito.
Così senza discutere è stata cancellata, nonostante ci fosse un gruppo su Facebook dedicato a questa fotografa in cui ci fossero mille altre foto sue con lei nuda.
Ho tentato di discutere con i gestori di Facebook e mi è sembrato di discutere con un qualcuno senza forma, che rispondeva con frasi standard, seguendo regole insensate, desideroso solo di evitare discussioni. Così ho deciso di ribellarmi a mio modo e ho rimesso la foto e non è più successo nulla.
Perché rimango in FB nonostante questi aspetti così inquietanti?
Perché ho conosciuto un sacco di donne, e alcuni uomini, che non avrei mai incontrato senza Facebook e con cui ci scambiamo documenti, poesie, articoli e filmati.
Donne e uomini interessanti che magari non incontrerò mai fisicamente nella mia vita, perché abitano lontano, perché fanno altre vite, ma da cui imparo e con cui sento affinità, un filone di ricerca simile. FB permette di scambiarsi materiali, informazioni e non dover dipendere dai media classici, permette di fare cultura e da la possibilità di sentirsi soggettivi vivi e creativi.
Ricordo ad esempio gli scambi partiti da un poesia della Cvetaeva, della Szymborska o le discussioni nate dai testi della Lonzi: che senso hanno le loro parole al giorno d’oggi? ci parlano ancora? ha senso parlare di uomini o donne, di differenza sessuale? Un mondo di riflessioni, di scambi che nasceva da parole lontane che ritornavano a significare.
Ovviamente la mia identità, la mia vita sociale, la mia politica non dipende da Facebook ma se si impara ad usare questi mezzi (che non sono solo mezzi) con intelligenza forse un’altra politica è possibile 😉
Apparso sulla rivista Duoda con il titolo www.libreriadelledonne.it: hacer red en la red, trad. Gemma del Olmo Campillo, “Duoda, estudis de la diferència sexual” n. 36, 2009. Il testo si può scaricare dal sito RACO (Revistes catalanes amb Accés Obert)
http://www.raco.cat/index.php/DUODA/article/view/139430
La Libreria delle donne di Milano, storica realtà del femminismo italiano, nel 2001 ha incontrato il web e qualcosa è capitato. Il desiderio di praticare la differenza sessuale nella realtà della rete ha dato inizio a questa avventura, e un gruppo di riflessione composto da giovani donne[1] ha legato questo desiderio a una riflessione e a una pratica di scambio. Siamo partite da ciò che abbiamo ereditato: la Libreria come progetto politico e dono prezioso da curare, custodire. Un dono che desideravamo fare nostro contaminandolo con nuove pratiche e nuove modalità di espressione. Abbiamo visto nel sito una possibilità di raccogliere questa sfida, innanzitutto per la familiarità che abbiamo con lo strumento informatico, la sua contiguità con la nostra vita quotidiana. Così ci siamo messe in gioco in prima persona, tentando una mediazione con chi era estranea a questo mezzo.
Il nodo era una riflessione sul linguaggio: le modalità espressive del saggio politico o dell’articolo sono diverse da quelle di internet; l’interattività chiede presenza intellettualmente attiva, e la velocità di comunicazione ha grandi potenzialità ma anche molti rischi, prima di tutto per una certa superficialità, perché spesso si tende a dare risposte affrettate a ciò che capita, perdendo di vista il senso di quello che succede, che viene dalle riflessioni e scambi approfonditi con altre e altri.
Noi siamo convinte che internet e la rete rappresentino una modalità di comunicazione che ha modificato la pratica e il linguaggio della politica, anche la politica delle donne. La rete ha il grande vantaggio che facilita la possibilità di fare politica in prima persona, pensiamo alla grande quantità di siti, mailing list, liste di discussione, blog, comunità di condivisione dei saperi (wiki). La modalità tradizionale dei volantini, riunioni, convegni è stata modificata profondamente da questi nuovi linguaggi, che permettono un’immediatezza e una velocità di scambio delle informazioni che per certi aspetti agevola la comunicazione, specialmente per le più giovani. Il linguaggio che si usa in internet è particolare: sta a mezza via tra il linguaggio parlato e quello scritto, i neologismi abbondano, l’interazione avviene attraverso la scrittura ma è come se si parlasse, perché c’è la percezione della medesima immediatezza. Pensiamo anche alla grafica, utilizzata normalmente negli scambi in rete: la stessa frase può contenere colori e caratteri differenti, può essere caratterizzata da tratti emotivi con le “faccine” (smiley) che esprimono gioia, tristezza, disappunto, divertimento. La maggiore facilità nella comunicazione è data da un tempo di interazione più dilatato rispetto allo scambio di persona, dove si può riflettere maggiormente, dove c’è più tempo per gestire l’emotività, ma allo stesso tempo è uno scambio molto più veloce di quelli epistolari, precedenti l’avvento di internet.
Un altro rischio della rete è la mancanza di fisicità. La sfida – all’inizio della nostra impresa – ci è sembrata molto alta, perché ci stavamo avventurando in un mondo che pare caratterizzato da un linguaggio universale e neutro e da una comunicazione priva di corpo, elementi che avrebbero potuto annullare la differenza sessuale, il nostro essere donne.
Per questo è nata una redazione composta da donne diverse per età e per storia, con differenti sensibilità e modi di vivere il presente[2]. Da questa passione è sorto il sito, di cui siamo le webmaster o meglio, come diciamo noi, le webmater. Discutiamo sugli articoli da selezionare, li commentiamo senza accontentarci di risposte immediate, inseguendo un senso non scontato: il senso libero della differenza, che spiazza, sposta ogni significato comunemente dato. Tentiamo di far affiorare, dalle nostre pagine web e dalle migliaia di pagine altrui che incontriamo, un’interpretazione inedita degli eventi. Nel farsi di questa esperienza c’è un continuo attraversare la soglia: essere dentro il medium, la tecnica, l’organizzazione; e guardare la passione politica che ci muove per vederne la fecondità.
La posta in gioco ci è apparsa alta e continuiamo a ritenerla tale: è possibile mettere in gioco la nostra pratica politica in internet? Una comunicazione priva di corpo annulla la differenza sessuale, il nostro essere donne in quel luogo?
La redazione ‘carnale’ del sito della Libreria è il luogo in cui affrontiamo l’impresa forte di fare politica in rete senza annullare la differenza sessuale, senza rinunciare al senso critico necessario di fronte alla velocità delle informazioni e senza rinunciare alla corporeità. La virtualità non basta. Dal movimento politico delle donne sappiamo che portare il proprio corpo e stare in presenza è fondamentale per la passione politica, e la pratica dei piccoli gruppi o della piazza è arricchita dalla presenza della rete.
Nel lavoro concreto e costante della redazione abbiamo compreso che la struttura a rete della comunicazione digitale è particolarmente adatta alla politica delle donne, perché non prevalgono ruoli istituzionali e di potere e perché si ha la possibilità di entrare in relazione con donne di città diverse. Ma anche qui c’è un rischio, quello della pluralità e dell’uguaglianza. Se si segue la “tentazione” della parità la proposta politica si sfilaccia, si va verso un pluralismo forzato e si può ambire alla creazione di un contenitore asettico senza un senso politico. Invece la sfida dovrebbe essere la creazione di uno spazio di incontro/conflitto in cui ci si possa mettere in gioco. Noi crediamo che la pluralità sia ricchezza, a patto che si presenti con un taglio. In altri termini, la potenziale ricchezza può manifestarsi solo se è possibile un netto confronto tra differenti soggetti politici, e se la posta in gioco è una sfida all’esistente. Nella costruzione del nostro spazio virtuale questa è una faccenda che cerchiamo di tenere all’attenzione, perché sappiamo bene che c’è una grande difficoltà a nominare la cosa che più preme e fare delle scelte radicali sul taglio da dare. Il mito della democrazia paritaria sembra incarnarsi nella rete. Seduce con la promessa che ogni cosa ha diritto di essere nominata, che per ogni diritto bisogna fare battaglia, e fa perdere la capacità di scegliere, cosa che inevitabilmente lascia fuori altro.
Abbiamo verificato negli anni che la scelta della radicalità in ciò che diciamo e mostriamo nel sito attira lettrici e lettori, che a volte si trasformano in “scrittrici e scrittori”, nonostante il mercato di internet con l’offerta infinita di informazioni, siti, blog e portali vari. Abbiamo sperimentato che è fondamentale che ci sia un taglio, il taglio della differenza sessuale: saper guardare il mondo, un mondo anche virtuale, in cui uomini e donne si muovono con curiosità e ambizioni differenti.
Il sito della Libreria delle donne di Milano è divenuto nel tempo un luogo prezioso, insieme virtuale e virtuoso. È una miniera di idee facilmente attingibile, e questa ricchezza è accompagnata dal nostro costante lavoro di redazione: ecco le due facce del sito, una elettronica e l’altra carnale. La redazione si riunisce settimanalmente presso la Libreria delle donne di Milano, e le donne della redazione si incontrano in carne ed ossa per discutere e decidere gli aggiornamenti e i nuovi progetti sul sito. Il lavoro tecnico è svolto da alcune donne della redazione, ma molte altre contribuiscono con scansioni, letture, commenti, idee. Attraverso il lavoro di redazione, lottiamo contro la tendenza schiacciante della politica europea e americana di ingabbiare il femminismo in un problema di parità fra donne e uomini. Invece noi desideriamo far brillare l’originalità e la differenza dell’essere donna (che forse un giorno farà brillare gli uomini). Nel fare il sito ci muove il desiderio e il piacere delle relazioni tra di noi, e precisamente dalle nostre relazioni ha origine la nostra sfida: praticare la differenza sessuale nella realtà della rete. Il lavoro del sito è indirizzato a donne e uomini non competitivi verso l’altro sesso, che vogliono vivere il mondo con originalità personale capace di diventare politica, ossia cambiamento del mondo (e di sé). Ecco un frammento del nostro Chi siamo: “La Libreria è un luogo di discussione, o meglio è essenzialmente un luogo politico, per come noi abbiamo inteso la politica. Niente a che vedere con istituzioni, partiti o gruppi omogenei. La chiamiamo politica del partire da sé; nasce dalla riflessione sull’esperienza che ciascuna fa, dello stare insieme in un’impresa di donne ma anche nel mondo e si basa sulla relazione”.
Ora facciamo un passo indietro per riprendere il filo dell’idea originaria del sito e raccontare qualcosa che riguarda più da vicino noi due che scriviamo. Come abbiamo già detto, il progetto del sito, fin dal suo inizio, è stato strettamente intrecciato alla Libreria delle donne, o meglio, alle domande che ci siamo poste su quello che la Libreria rappresenta per noi, sull’eredità di questa esperienza politica femminista, su quello che noi vogliamo assumere e portare nel mondo con la nostra voce. Dobbiamo tornare all’inizio di questo millennio, quando, insieme ad altre venute dopo la rivoluzione del femminismo, ci siamo ritrovate – a partire dal numero di Via Dogana Le ereditiere[3] – a discutere sull’eredità del femminismo e della politica delle donne. Il senso di questa eredità non è lo “scambio tra generazioni”, ma un movimento di continuità/discontinuità di esperienze tra noi e le donne che ci hanno precedute. Ci sono alcune conquiste teoriche che le donne della Libreria hanno fatto partendo dalla loro esperienza (il partire da sé e la pratica di relazione, per esempio) che sono strumenti fondamentali anche per la nostra possibilità di comprendere noi stesse, gli altri e il mondo – ossia per fare politica. Tuttavia c’è anche un’esperienza nostra, che ci preme portare nella politica. Di più, vogliamo portare anche quello che non ci torna delle pratiche che altre hanno saputo trovare, perché condividiamo lo stesso presente insieme a quelle che ci hanno precedute, ma è uno spazio allo stesso tempo differente, in quanto colto ed esperito da prospettive e punti di accesso diversi.
Ragionando su quello che rappresentava per noi questa eredità, abbiamo capito che ci interessava aprire un’ulteriore porta, uno spazio aperto all’altro, all’esterno, all’imprevisto, nel grande universo della rete. Volevamo darci la possibilità di sperimentare il presente in prima persona, per trovare una misura che fosse anche nostra. Così è nato il sito, la cui pratica costante ha portato a una differenziazione con la Libreria: questa è il luogo storico creato e pensato da alcune che hanno pratiche trentennali e una grande esperienza politica, il sito è invece qualcosa che ci appartiene più direttamente, pur essendo legato alla Libreria. Il collettivo del sito è composto anche da alcune donne che hanno fondato la Libreria, ma è indubbio che noi abbiamo rilanciato il nostro sapere e il nostro desiderio in una sfida tutta nostra. Solo quando abbiamo dato inizio a qualcosa abbiamo guadagnato una competenza sulla nostra esperienza, abbiamo imparato a parlare, a raccontare i nostri bisogni, le nostre priorità, a tentare risposte originali, semplicemente abbiamo imparato a partire da noi. Per noi ha significato guadagnare in prima persona la consapevolezza che l’origine non è l’inizio: l’origine che le donne grandi rappresentano per noi, non è l’inizio della cosa che interpella solo noi, le nostre contraddizioni più intime, le nostre speranze e progettualità, il bisogno di creare a nostra volta. Non è facile entrare in un movimento che esiste già, in una riflessione già creata e strutturata. Il sito ha rappresentato la nostra sfida per la politica. E’ una sfida che riguarda – oltre al desiderio di far politica – anche le nostre relazioni con le donne venute prima, con le quali lavoriamo e ci confrontiamo costantemente nel portare avanti questa impresa, affrontando anche le ombre che le relazioni di disparità si portano dietro, rispetto alla relazione con la madre. Quello che possiamo dire oggi è che far leva principalmente sulla nostra relazione ha cambiato la geografia delle relazioni in quel contesto, ci ha dato più forza e permesso maggiore libertà.
Certamente la nostra competenza tecnica è essenziale al progetto. Ma è soprattutto la nostra relazione duale a essere fondamentale. “Relazione duale”, detto in parole semplici, significa riconoscimento reciproco della capacità, della forza, della possibilità di pensare insieme. Lì al sito, più cresceva la relazione tra noi due, più eravamo forti e questo ha aperto nuovi giochi, anche con le donne che sono venute prima di noi. La cosa scardinante è che mettiamo in primo piano la relazione tra noi due, che siamo figlie del femminismo, e la mettiamo davanti anche a una presunta relazione privilegiata con quelle venute prima, con le madri del femminismo. In questo modo si ridisegna uno nuovo gioco di figure simboliche in cui cerchiamo di far circolare l’autorità fra di noi, senza per questo togliere luce alla madre. Questo ci ha permesso di poter affrontare anche i conflitti con le figure autorevoli con più forza e signoria. Abbiamo trovato essenziale evidenziare una certa discontinuità, la possibilità di avere uno spazio separato, altro. Il fatto che la cosa importante sia la nostra relazione è visibile, e fa accadere delle cose là dove siamo. È una questione di autorità e di competenza simbolica: per il sito è successo che, avendo noi le competenze per realizzarlo, l’autorità si é giocata in modo diverso. E questo è potuto accadere perché tra noi due c’è un gioco di sostegno reciproco, di rilancio, di scambio, di riconoscimento delle capacità e dell’autorità dell’altra. Nutriamo le relazioni con quelle venute prima con la relazione tra noi, anche se a volte è faticoso ed è una lotta continua. Inoltre il sito crea una mediazione perché è la cosa oggettiva che c’é fra noi tutte che lavoriamo alla redazione. Avere questa mediazione permette di rilanciare il conflitto sulle questioni politiche che ci premono e di avere una misura nelle situazioni più difficili, quando il conflitto può diventare uno scontro distruttivo.
Concludendo possiamo dire che il sito rappresenta per noi un laboratorio politico, innanzi tutto per quello che accade tra noi, ma anche per la possibilità di aprirci ad altri linguaggi e nuovi modi di fare politica. Inoltre la possibilità di non identificare completamente il sito con la Libreria delle donne – nonostante il legame stretto tra le due realtà – , ha rappresentato per noi un’occasione di libertà e la possibilità di far politica in prima persona.
[1] Facevano parte di quel gruppo Francesca De Vecchi che in quegli anni era libraia alla Libreria delle donne, Tiziana Vettor, Sara Gandini, Laura Colombo, Laura Milani ed Elisabetta Marano.
[2] Dalla fine del 2001 la redazione del sito comprende anche donne che hanno fatto la storia della Libreria come Luisa Muraro, Clara Jourdan, Vita Cosentino. Nel corso degli anni molte donne e qualche uomo hanno frequentato la redazione, e negli ultimi mesi altre giovani donne, Laura Milani, Valeria Spirolazzi, Serena Fuart e altre, lavorano con noi agli aggiornamenti del sito.
[3] Via Dogana, Le ereditiere, n. 44-45, settembre 1999.
di Laura Colombo e Sara Gandini
Il sito della Libreria delle donne di Milano è una delle forme che ha preso la nostra passione politica. Per politica qui intendiamo qualcosa che sta sul filo della passione ma anche della precarietà, il sito essendo un progetto che regge non per volontarismo ma per il desiderio che ciascuna e tutte sono disposte a spendere. Se in un progetto politico il motore non è il dovere bensì la passione non c’è nessun meccanismo esterno che garantisca la tenuta della cosa: ci siamo rese conto che è necessario esserci in prima persona, con forti relazioni, altrimenti tutto si sgonfia, perde di senso e può anche finire. Ma questo significa anche esserci con le proprie fragilità umane e le proprie insicurezze.
La politica che ci piace ha un elemento di forte precarietà: il sito c’è da anni, ma potrebbe finire domani – la Libreria ormai fa parte della storia, ma è appesa allo stesso filo (potrebbe certamente continuare come semplice negozio, in un mercato travolgente, ma sarebbe svuotata della progettualità politica che le è propria).
La precarietà è data – come abbiamo detto – dall’assenza di meccanismi eteronomi che possano dare “garanzie” (un partito, in quanto istituzione, può anche cambiare nome, ma è una macchina oliata che continua a esistere, più o meno bene, indipendentemente dalle persone; un contratto di lavoro, anche se precario, ha comunque precise leggi che regolano le relazioni tra i contraenti). Questo senso che sempre deve essere ritrovato dentro di sé per dare vita alla politica, pone in primo piano la soggettività e le relazioni. La precarietà è data anche da conflitti che emergono nelle relazioni tra donne, di cui la storia della politica delle donne è costellata, conflitti che a volte restano irrisolvibili e ritornano in una ripetizione coatta. Quando – a partire dalla nostra esperienza al sito – ci siamo interrogate su questa sorta di ineluttabilità per cercare di spezzarla, abbiamo visto che i conflitti diventano irrisolvibili nel momento in cui c’è la pretesa che l’altra accetti incondizionatamente alcune parti di te, ovvero quando non ti senti in grado di “lasciar andare” delle parti di te. Quindi ci sono elementi che dipendono dalle relazioni e dall’aspetto emotivo che rendono precaria questa politica, non ci sono contratti o regole che ne assicurino lunga vita.
Il progetto del sito, fin dal suo inizio, è stato strettamente intrecciato alla Libreria delle donne, o meglio, alle domande che ci siamo poste su quello che la Libreria rappresenta per noi, sull’eredità di questa esperienza politica femminista, su quello che noi vogliamo assumere e portare nel mondo con la nostra voce. Dobbiamo tornare all’inizio di questo millennio, quando, insieme ad altre venute dopo la rivoluzione del femminismo, ci siamo ritrovate – a partire dal numero di Via Dogana Le ereditiere[1] – a discutere sull’eredità del femminismo e della politica delle donne. Il senso di questa eredità non è lo “scambio tra generazioni”, ma un movimento di continuità/discontinuità di esperienze tra noi e le donne che ci hanno precedute. Non si tratta solo di trasmissione culturale, perché per le donne è come se ci fosse un presente dilatato. Pensiamo per esempio a Le tre ghinee di Virginia Woolf: è un testo che esprime verità che anche oggi ci appartengono, non si tratta meramente di un’opera della storia del pensiero femminile che possiamo studiare. Ancora, ci sono alcune conquiste teoriche che le donne della Libreria hanno fatto partendo dalla loro esperienza (il partire da sé e la pratica di relazione, per esempio) che sono strumenti fondamentali anche per la nostra possibilità di comprendere noi stesse, gli altri e il mondo – ossia per fare politica. Tuttavia c’è anche un’esperienza nostra, che ci preme portare nella politica. Di più, vogliamo portare anche quello che non ci torna delle pratiche che altre hanno saputo trovare, perché condividiamo lo stesso presente insieme a quelle che ci hanno precedute, ma è uno spazio allo stesso tempo differente, in quanto colto ed esperito da prospettive e punti di accesso diversi.
Ragionando su quello che rappresentava per noi questa eredità, abbiamo capito che ci interessava aprire un’ulteriore porta, uno spazio aperto all’altro, all’esterno, all’imprevisto, nel grande universo della rete. Volevamo darci la possibilità di sperimentare il presente in prima persona, per trovare una misura che fosse anche nostra. Così è nato il sito, la cui pratica costante ha portato a una differenziazione con la Libreria: questa è il luogo storico creato e pensato da alcune che hanno pratiche trentennali e una grande esperienza politica, il sito è invece qualcosa che ci appartiene più direttamente, pur essendo legato alla Libreria. Il collettivo del sito è composto anche da alcune donne che hanno fondato la Libreria, ma è indubbio che noi, in prima persona, abbiamo rilanciato il nostro sapere e il nostro desiderio in una sfida tutta nostra. Solo quando abbiamo dato inizio a qualcosa abbiamo guadagnato una competenza sulla nostra esperienza, abbiamo imparato a parlare, a raccontare i nostri bisogni, le nostre priorità, a tentare risposte originali, semplicemente abbiamo imparato a partire da noi. Per noi ha significato guadagnare in prima persona la consapevolezza che l’origine non è l’inizio: l’origine che le donne grandi rappresentano per noi, non è l’inizio della cosa che interpella solo noi, le nostre contraddizioni più intime, le nostre speranze e progettualità, il bisogno di creare a nostra volta. Non è facile entrare in un movimento che esiste già, in una riflessione già creata e strutturata. Il sito ha rappresentato la nostra sfida per la politica. E’ una sfida che riguarda – oltre al desiderio di far politica – anche le nostre relazioni con le donne venute prima, con le quali lavoriamo e ci confrontiamo costantemente nel portare avanti questa impresa. Oggi possiamo dire che, facendo leva principalmente sulla nostra relazione, la geografia dei rapporti in quel contesto si è modificata, e questo ci ha dato più forza e ha permesso maggiore libertà.
Noi siamo convinte che internet e la rete rappresentino una modalità di comunicazione che ha modificato la pratica e il linguaggio della politica, anche la politica delle donne. La rete ha il grande vantaggio che facilita la possibilità di fare politica in prima persona, pensiamo alla grande quantità di siti, mailing list, liste di discussione, blog, comunità di condivisione dei saperi (wiki). La modalità tradizionale dei volantini, riunioni, convegni è stata modificata profondamente da questi nuovi linguaggi, che permettono un’immediatezza e una velocità di scambio delle informazioni che per certi aspetti agevola la comunicazione, specialmente per le più giovani. Il linguaggio che si usa in internet è particolare: sta a mezza via tra il linguaggio parlato e quello scritto, i neologismi abbondano, l’interazione avviene attraverso la scrittura ma è come se si parlasse, perché c’è la percezione della medesima immediatezza. Pensiamo anche alla grafica, utilizzata normalmente nell’interazione in rete: la stessa frase può contenere colori e caratteri differenti, può essere caratterizzata da tratti emotivi con le “faccine” che esprimono gioia, tristezza, disappunto, divertimento. È anche possibile usare spaziature e punteggiatura lontano dalle regole di un testo scritto, dove le connessioni logico-grammaticali sono semplicemente intuite. La maggiore facilità nella comunicazione è data da un tempo di interazione più dilatato rispetto allo scambio di persona, dove si può riflettere maggiormente e ci sono modi differenti per gestire l’emotività, ma allo stesso tempo è uno scambio molto più veloce di quelli epistolari, precedenti l’avvento di Internet.
La possibilità di velocizzare la comunicazione, di trovare velocemente le informazioni più svariate su qualsiasi argomento, quasi senza fatica, può portare a un atteggiamento passivo nei confronti delle informazioni: c’è il rischio di pensare che è possibile far politica schiacciando qualche tasto, ma in questo modo ci si presta facilmente alle strumentalizzazioni. Quando c’è poco pensiero si reagisce meccanicamente rispetto all’ordine simbolico dominante. Proliferano le catene più insensate, come quella sui gatti chiusi in bottiglia, e quelle che fanno leva sui buoni sentimenti. Aderendovi, ci si libera velocemente di sensi di colpa e senso di responsabilità verso il mondo. Ma la scelta alla base di questi appelli è molto ambigua, segue criteri sensazionalistici, che puntano all’emozione immediata. Famose sono le bufale che girano da anni sulle donne in Afghanistan, in cui basta mettere una firma contro le violenze sulle donne mussulmane e ci si sente a posto, oppure quelle in cui si chiedono donazioni di organi per bambini con malattie rarissime. La cosa più preoccupante è la sventura che – diventata merce – circola in un mercato dove la vicenda umana non ha più valore e si pensa di poter saltare le necessarie mediazioni, scavalcando e minimizzando ciò che si fa in contesto.
Un altro rischio, infatti, è la mancanza di fisicità. La sfida – all’inizio della nostra impresa – ci è sembrata molto alta, perché ci stavamo avventurando in un mondo che pare caratterizzato da un linguaggio universale e neutro e da una comunicazione priva di corpo, elementi che avrebbero potuto annullare la differenza sessuale, il nostro essere donne. La riflessione cyberfemminista si è ampiamente interrogata sulle possibilità offerte dallo spazio virtuale e sui suoi tranelli. Le pensatrici cyborg hanno riflettuto sulla rappresentazione dei sessi nella realtà virtuale e sull’esperienza di identità sessuali multiple, che spesso si realizza nelle comunità virtuali come strumento per mettere in discussione il legame fra sesso, genere e desiderio sessuale. Sono nati molti siti e mailing list di sole donne, una sorta di separatismo messo in atto nella rete per distanziarsi da una falsa universalità. Faith Wilding in Where is Feminism in Cyberfeminism?[2] afferma che è sicuramente un atto radicale far entrare il femminismo nel cyberspazio. Noi facciamo parte della redazione del sito della Libreria e lì giochiamo una scommessa forte, quella di fare politica in rete senza annullare la differenza sessuale, senza rinunciare al senso critico necessario di fronte alla velocità delle informazioni e senza rinunciare alla corporeità. La virtualità non basta. Dal movimento politico delle donne sappiamo che portare il proprio corpo e stare in presenza è fondamentale per la passione politica, e la pratica dei piccoli gruppi o della piazza è arricchita dalla presenza della rete.
La struttura a rete della comunicazione digitale è particolarmente confacente alla politica delle donne, perché non vi prevalgono ruoli istituzionali e di potere e dà la possibilità di entrare in relazione con donne di città diverse. E però, la tentazione della pluralità e dell’uguaglianza fa sì che la proposta politica si sfilacci e si arrivi a un pluralismo forzato, alla velleità di creare un contenitore asettico senza un senso politico laddove la posta in gioco dovrebbe essere la creazione di uno spazio di incontro/conflitto in cui ci si possa mettere in gioco. Riteniamo che la pluralità sia ricchezza, a patto che si presenti con un taglio. In altri termini, la potenziale ricchezza può manifestarsi solo se è possibile un netto confronto tra differenti soggetti politici, e se la posta in gioco è una sfida all’esistente. Nella costruzione del nostro spazio virtuale questa è una faccenda che cerchiamo di tenere all’attenzione, perché sappiamo bene che c’è una grande difficoltà a nominare la cosa che più preme e fare delle scelte radicali sul taglio da dare. Il mito della democrazia paritaria sembra incarnarsi nella rete. Seduce con la promessa che ogni cosa ha diritto di essere nominata, che per ogni diritto bisogna fare battaglia, e fa perdere la capacità di scegliere, cosa che inevitabilmente lascia fuori altro.
Abbiamo verificato negli anni che la scelta della radicalità in ciò che diciamo e mostriamo nel sito attira lettrici e lettori, che a volte si trasformano in ”scrittrici e scrittori”, nonostante il mercato di Internet offra un’infinità di informazioni, siti, blog e portali vari. Abbiamo sperimentato che è fondamentale che ci sia un taglio, il taglio della differenza sessuale: saper guardare il mondo, un mondo anche virtuale, in cui uomini e donne si muovono con le loro curiosità e ambizioni differenti.